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E se la pubblicità fosse anche una leva fiscale?

La legge che nessuno conosce e che ogni imprenditore sogna

“Mantieni la pubblicità e la pubblicità ti manterrà”, questo diceva il barone Thomas Robert Dewar, imprenditore scozzese della prima metà del secolo scorso, che per primo sperimentò l’invecchiamento del whisky in botti di rovere, rendendo famosa la marca del distillato “Dewar’s”.

La pubblicità ti manterrà se tu manterrai la pubblicità, questo aforisma mostra sinteticamente ma alla perfezione un piccolo grande tesoro ad oggi praticamente sconosciuto e nascosto che aspetta soltanto di essere portato alla luce, ossia il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali.  

In Italia dal 24 aprile 2017 esiste il decreto-legge n. 50 che all’articolo 57 bis recita così: “…alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line… il cui valore superi almeno dell’1 per cento gli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell’anno precedente, è attribuito un contributo, sotto forma di credito d’imposta, pari al 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90 per cento nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start up innovative…”.

Adesso che il tesoro è stato dissepolto e portato alla luce dovremmo chiederci quanti cercatori d’oro sapranno cogliere l’occasione di tramutare una pepita splendente in denaro sonante?

Per avere la risposta basta girarsi indietro e verificare quanti imprenditori hanno colto l’occasione nel 2023, perché la dichiarazione di voler accedere al credito d’imposta di cui stiamo parlando può essere trasmessa solo dal 1° al 31 marzo dell’anno in cui viene erogata la pubblicità e la dichiarazione di voler usufruire del credito di imposta può essere comunicata solo dal 9 gennaio al 9 febbraio dell’anno successivo.

Togliamo tutti gli orpelli: se io spendo del denaro in pubblicità e l’anno successivo, sempre in pubblicità, spendo almeno l’uno per cento in più dell’anno precedente l’eccedenza la posso detrarre nell’ordine del 75%.

Da wikipedia: nella scienza delle finanze, in materia di tassazione, per detrazione d’imposta si intende una somma che è possibile sottrarre da una imposta per ridurne, legalmente, l’ammontare.

A differenza della deduzione fiscale, la quale è una riduzione della base imponibile ovverosia l’importo su cui calcolare l’imposta, la detrazione viene applicata all’imposta calcolata (che viene conseguentemente denominata lorda) e, riducendola, dà l’imposta netta, ossia l’imposta effettivamente dovuta. Il che rende la detrazione fiscale molto più vantaggiosa della deduzione.

Eppure, questa legge così favorevole nei confronti degli investimenti in pubblicità è praticamente misconosciuta e uno sgravio fiscale così importante è rimasto e rimane tuttora inutilizzato dai più.

L’incipit di questo articolo può essere parafrasato così: “puoi non mantenere la pubblicità ma ricordati che così facendo la pubblicità non manterrà te” e forse da buon imprenditore è bene che ciò non avvenga, bisogna solo fare attenzione ai tempi di gestione della cosa e se il caso avvertire chi si occupa di amministrare le proprie finanze per far sì che la cosa non scivoli nel dimenticatoio.

Ai posteri l’ardua sentenza.

di Leonardo Miraglia

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Last modified: Gennaio 31, 2024
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